Un ulteriore tassello del sistema normativo per la prevenzione della corruzione, ed anche di altri fatti illeciti in ambito privatistico, è stato inserito nell’ordinamento giuridico per effetto dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 24/2023 sul c.d. whistleblowing (letteralmente, denuncia o fischio) e whistleblower (letteralmente, fischiatore).
il d.lgs. n. 24/2023 ha lo scopo di favorire le segnalazioni di fatti illeciti tutelando sia l’autore della segnalazione sia gli altri soggetti che potrebbero subire trasversalmente le ritorsioni. Le segnalazioni possono riguardare le “…violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrita’ dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato”.
Le sanzioni pecuniarie (da 10.000,00 a 50.000 euro) previste per le imprese inadempienti verso ciascuno degli singoli obblighi di legge, come meglio si specificherà più avanti, dovrebbe essere sufficiente ad assicurare l’attuazione ed il pieno rispetto delle norme contenute nel d.lgs. n. 24/2023
Whistleblowing e whistleblower sono termini anglosassoni utilizzati per indicare rispettivamente una denuncia ed il soggetto che, pur restando nell’anonimato, segnala alla persona incaricata dal datore di lavoro (pubblico o privato) oppure all’esterno (Anac, Procura) ovvero, nei casi previsti dalla legge, a mezzo stampa, la possibile commissione di violazioni di norme penali, civili o amministrative.
Le norme a tutela di chi segnala illeciti, introdotte con la L. n. 179/2017, sono state sostituite dalla più ampia disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 24/2023. Con la delibera dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) n. 311 del 12 luglio 2023 sono state fornite interpretazioni ed utili indicazioni non solo per le “segnalazioni esterne” ma anche per altri aspetti della nuova normativa. Ciò anche per facilitare la corretta attuazione delle nuove norme che tutelano, in caso di ritorsioni, in modo ampio, sia chi ha segnalato fatti illeciti sia tutti i soggetti a lui collegati (facilitatori, parenti fino al quarto grado, colleghi con cui vi è uno stabile rapporto).
Il D.Lgs. n. 24/2023 costituisce attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019 e, quindi, ai sensi del comma 1 dell’art. 117 della Costituzione, ha una capacità di resistenza al cambiamento superiore alle altre norme ordinarie del diritto interno e le sue norme devono essere interpretate conformemente al diritto comunitario da cui derivano.
I datori di lavoro pubblici e molti datori di lavoro del settore privato, se non avevano l’obbligo di adeguarsi entro il 15 luglio u.s., dovranno presto effettuare una serie di adempimenti per adeguarsi alle nuove norme in materia di Whistleblowing, previste dal D.Lgs. n. 24/2023. Infatti, per i datori di lavoro del settore privato con una media annua di dipendenti fino a n. 249, l’obbligo di istituzione dei canali di segnalazione interna di fatti illeciti avrà effetto dal 17 dicembre 2023. Nella P.A. allargata e nelle imprese di maggiori dimensioni il D.Lgs. n. 24/2023 è operante dal 15 luglio c.a.
Mentre la legge n. 179/2017 che ebbe il merito di aprire nell’ordinamento un canale normativo di specifica tutela per il lavoratore dipendente, pubblico o privato, dalle ritorsioni; il D.Lgs. n. 24/2023, in caso di segnalazioni di fatti illeciti, allarga il campo dei soggetti tutelati (ricomprende anche i professionisti, gli imprenditori, i soci, che segnalano illeciti ma anche i collaboratori, i lavoratori in fase di selezione per l’eventuale assunzione, “facilitatori”, le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, i facilitatori, i parenti fino al 4° grado ed i colleghi di chi ha fatto la segnalazione).
Il D.Lgs. n. 24/2023 prevede che le segnalazioni di fatti illeciti possano essere fatte non solo al soggetto competente nella specifica area della P.A. o in ambito aziendale (responsabile Anticorruzione e Trasparenza, per la P.A.; soggetto, interno od esterno, appositamente individuato nelle aziende del settore privato) ma anche all’esterno, cioè ad Anac ovvero alle Procure competenti (Procura della Repubblica e/o Procura della Corte dei Conti). Lo stesso decreto legislativo, all’art. 15, prevede anche i casi in cui è lecito effettuare una segnalazione pubblica e conferma l’obbligo dei giornalisti a garantire l’anonimato del segnalante per effetto il segreto professionale.
Apposite norme del D.Lgs. n. 24/2023 obbligavano l’Autorità Nazionale Anticorruzione ad adottare le Linee Guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni esterne. Tali Linee Guida sono state approvate dal Consiglio di ANAC con la delibera n. 311 del 12 luglio 2023. Esse sono state pubblicate nel sito istituzionale dell’Autorità anticorruzione all’indirizzo: https://www.anticorruzione.it/-/del.311.2023.linee.guida.whistleblowing insieme ad altre interpretazioni ed indicazioni per la corretta attuazione delle nuove norme in materia di Whistleblowing
Rientrano nel campo di applicazione della disciplina prevista dal D.Lgs. n. 24/2023 ed hanno l’obbligo di dotarsi di appositi canali di segnalazione anche i datori di lavoro del settore privato aventi uno dei seguenti requisiti:
- hanno avuto, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e/o determinato;
- svolgono la loro attività in specifici settori, tra cui, “servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo” la “sicurezza dei trasporti e tutela dell’ambiente”, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di almeno cinquanta lavoratori dipendenti con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
- adottano i modelli di organizzazione e gestione di cui al decreto legislativo 231/2001, indipendentemente dal numero di addetti. Quindi, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di almeno cinquanta lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e/o determinato;
- nel settore pubblico: tutte le branche della P.A. allargata, comprese le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza o regolazione, gli enti pubblici economici, gli organismi di diritto pubblico di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, i concessionari di pubblico servizio, le società a controllo pubblico e le società in house, così come definite, rispettivamente, dall’articolo 2, comma 1, lettere m) e o), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, anche se quotate.
Sono, quindi, escluse dal campo di applicazione del D.Lgs. n. 24/2023 le imprese con una media di dipendenti inferiore a cinquanta se non hanno adottato un modello organizzativo ex D.Lgs. n. 231/2001.
In caso di segnalazione di fatti illeciti, il D.Lgs. n. 24/2023 prevede il divieto di porre in essere un fatto ritorsivo a danno di uno dei soggetti tutelati dalla legge e la cui numerosa ed estreemamente ampia casistica è indicata nel suo art. 17 (compresa la retrocessione o la mancata promozione, il cambiamento di mansioni, il trasferimento, le note di merito negative, l’ostracismo, la modifica dell’orario di lavoro, ecc. ed, ovviamente, il licenziamento). Praticamente, in base al citato art. 17, qualsiasi fatto dannoso, posto in essere nei confronti del segnalante, o nei confronti di uno degli altri soggetti tutelati, è presuntivamente ritenuto ritorsivo ed il datore di lavoro, per la sua difesa, ha l’onere di dimostrare il contrario. Si tratta dell’inversione dell’onere della prova. Cioè, al verificarsi di uno dei possibili fatti dannosi in capo ad uno dei soggetti tutelati dalle nuove norme, si presume che si tratti di ritorsione ed il lavoratore deve solo indicare al giudice il fatto ma non ha l’onere di provare che esso è conseguenza della segnalazione. In questo caso, il datore di lavoro, pubblico o privato, se vuole difendersi, deve provare che il fatto dannoso denunciato non è conseguenza della segnalazione ma è dovuto esclusivamente ad altri motivi leciti.
Sono previste sanzioni pecuniarie, da 10.000 a 50.000 euro, per le imprese che risulteranno inadempienti, cioè che non hanno istituito canali di segnalazione, o che non hanno adottato procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme a quella richiesta dalla legge, nonché qualora si accertasse che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.
Inoltre, sono previste le stesse sanzioni (da 10.000 a 50.000 euro) per le imprese rientranti nel campo di applicazione del d.lgs. n. 24/2023, nei casi in cui siano state commesse ritorsioni o quando si accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza del segnalante.
Il soggetto competente a comminare le sanzioni è l’Anac.
Nella Pubblica Amministrazione allargata, già soggetta all’applicazione delle norme anticorruzione (L. n. 190/2012 e s.m.i.) e per la trasparenza amministrativa, la gestione dei canali di segnalazione di fatti illeciti è posta in capo al Responsabile della prevenzione della corruzione e per la trasparenza (RPCT) mentre nelle imprese private è il datore di lavoro che individua il soggetto, interno o esterno, che deve occuparsi della gestione dei canali di segnalazione. I datori di lavoro privati che adottano il modello organizzativo previsto dal D.Lgs. n. 231/2001 possono affidare la gestione dei canali di segnalazione all’organismo di vigilanza.
Con la piena attuazione del D.Lgs. n. 24/2023 coloro i quali, per lo svolgimento del rapporto di lavoro, eseguono prestazioni che potrebbero consentire, più o meno agevolmente, di porre in essere fatti illeciti avranno la consapevolezza del notevole incremento del rischio di essere scoperti in quanto chiunque venisse a conoscenza dei fatti o di una parte di essi (anche solo di un eventuale accordo di tipo corruttivo, precedente l’effettiva dazione) potrebbe essere indotto a segnalarlo alle autorità competenti perché ciò lo metterebbe potenzialmente al riparo da rischi futuri per eventuali fatti o atti che potrebbero essere presuntivamente qualificati come ritorsivi.
23/09/2023
Avv. Giorgio Tessitore
Esperto in relazioni industriali, diritto del lavoro e previdenziale