Scopo delle norme di legge contenenti le tutele per chi segnala reati o altri fatti illeciti di tipo corruttivo è quello di favorire l’incremento dell’emersione di fatti dannosi per la Pubblica Amministrazione.

Con il nuovo sistema normativo posto a tutela di chi segnala illeciti, per il contrasto di eventuali ritorsioni, si allarga la platea delle imprese obbligate ad applicarlo e si amplia considerevolmente il novero dei soggetti tutelati da fatti ritorsivi conseguenti alla segnalazione.

Il d.lgs. n. 24 del 10 marzo 2023 (sostituisce la legge n. 179/2017) costituisce attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019.

A questo indirizzo, tra gli altri documenti, si trova il testo del D.Lgs. n. 24/2023 cui ho inserito un indice per facilitarne la consultazione: https://www.avvocatotessitore.it/documenti-utili/

Le nuove norme contenute nel d.lgs. n. 24/2023 si applicano:

  • alla P.A. ed anche alle società controllate;
  • ai privati con almeno 50 dipendenti (attualmente il limite dimensionale, ex L. n. 179/2017, è di 250 dipendenti, come media dell’ultimo anno);
  • a tutte le imprese che applicano il M.O.G. ex d.lgs. 231/2001, indipendentemente dal numero di addetti

Le nuove norme contenute nel D.Lgs. n. 24/2023 avranno efficacia dal 15 luglio 2023 per la P.A. e per le imprese con almeno 250 dipendenti mentre per le imprese fino a 249 dipendenti esse saranno efficaci dal 17 dicembre 2023.

Mentre in vigenza della L. n. 179/2017 erano tutelati soltanto coloro che avevano segnalato reati o altri fatti illeciti di tipo corruttivo, come previsto all’art. 3 del d.lgs. n. 24/2023, con le nuove norme saranno tutelati anche i lavoratori in fase di selezione ed in prova; i professionisti; i collaboratori; i lavoratori autonomi; i facilitatori (soggetti che hanno contribuito all’invio della segnalazione); le persone del medesimo contesto lavorativo della persona segnalante che sono legate ad essi da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado; i colleghi di lavoro della persona segnalante o della persona che lavorano nel medesimo contesto lavorativo della stessa e che hanno con detta persona un rapporto abituale e corrente; gli enti di proprietà della persona segnalante o per i quali le stesse persone lavorano.

Le nuove norme mantengono tutti i vincoli, già vigenti per effetto della legge n. 179/2017, a tutela della riservatezza del nominativo di colui che ha fatto la segnalazione.

Le segnalazioni potranno essere inviate sia al responsabile dell’Anticorruzione aziendale, per la Pubblica Amministrazione allagata (per le imprese private a soggetto da individuare previo confronto le rappresentanze sindacali aziendali) ed, al verificarsi delle condizioni indicate all’art. 6 dello stesso d.lgs. n. 24/2023, la segnalazione potrà essere fatta anche all’Anac. Inoltre, nei casi particolari indicati espressamente all’art. 15 del d.lgs. n. 24/2023, il segnalante potrà effettuare la divulgazione pubblica mediante i mezzi d’informazione. In quest’ultimo caso, l’art. 15 si conclude con l’esplicito riferimento alla riservatezza della fonte per cui “Restano ferme le norme sul segreto professionale degli esercenti la professione giornalistica, con riferimento alla fonte della notizia”.

In caso di fatti dannosi per il segnalante o per uno dei soggetti ad esso variamente collegati (facilitatori, parenti fino al 4° grado, collegi legati da rapporti abituali e correnti) è ora prevista la c.d. inversione dell’onere della prova: si presume “che gli stessi siano stati posti in essere a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile. L’onere di provare che tali condotte o atti sono motivati da ragioni estranee alla segnalazione, alla divulgazione pubblica o alla denuncia è a carico di colui che li ha posti in essere”. Ed al Giudice vengono forniti gli strumenti normativi per riportare indietro la situazione a prima del fatto ritorsivo, oltre ad assicurare all’interessato il risarcimento del danno.

Alle lettere da a) a q) del comma 4 dell’art. 17 del d.lgs. n. 24/2023 è previsto un lungo elenco, peraltro formalmente non esaustivo, di possibili fatti dannosi che, ove si verifichino nei confronti del segnalante o degli altri soggetti protetti sono considerati ritorsivi, salvo prova contraria.

Inoltre, in base al d.lgs. n. 24/2023, l’Anac stipula convenzioni con gli Enti del terzo settore per il sostegno gratuito a chi a bisogno di informazioni preventive all’eventuale segnalazione e per quanti hanno bisogno di assistenza nelle fasi successive alla segnalazione. L’Anac già nel mese di maggio u.s. ha attivato la procedura per giungere alla stipula delle convenzioni.

In vigenza della legge n. 179/2017 la magistratura ha avuto modo di affermare alcuni principi di diritto in ordine ali limiti insiti nella legge ed alle condizioni per la tutela del segnalante che ragionevolmente potranno essere confermati anche nella fase attuativa del d.lgs. n. 24/2023. Di seguito ne indico alcuni riportando testualmente i principi di diritto contenuti nelle sentenze citate.

  • “L’art. 54-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, introdotto dal D.Lgs. n. 190 del 2012, art. 1, comma 51, nel testo aggiornato dalla L. 30/11/2017, n. 179, art. 1, recante disciplina della “segnalazione di illeciti da parte di dipendente pubblico”, (Whistleblowing), tutela il soggetto, legato da un rapporto pubblicistico con l’amministrazione, che rappresenti fatti antigiuridici appresi nell’esercizio del pubblico ufficio o servizio. In particolare, la normativa si limita a scongiurare conseguenze sfavorevoli, limitatamente al rapporto di impiego, per il segnalante che acquisisca, nel contesto lavorativo, notizia di un’attività illecita, mentre non fonda alcun obbligo di attiva acquisizione di informazioni, autorizzando improprie attività investigative, in violazione dei limiti posti dalla legge.”

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-05-2018) 26-07-2018, n. 35792;

 

  • “Le disposizioni di cui agli artt. 54-bis, commi 6 e 7, D.Lgs. n. 165/2001, inerenti al c.d. whistleblowing, si applicano anche in relazione alle segnalazioni di illeciti connesse a rivendicazioni personali del lavoratore, fatta salva l’ipotesi in cui – per l’inconsistenza delle accuse e per le concrete modalità di utilizzo della segnalazione da parte del lavoratore – possa ragionevolmente affermarsi che la segnalazione non sia in alcun modo orientata a promuovere anche «l’integrità della pubblica amministrazione» ma sia finalizzata solo a generare pressioni sul datore di lavoro al fine di perseguire un interesse privato del lavoratore, ovvero abbia un carattere del tutto strumentale e non in linea con la ratio dell’art. 54-bis, che, se da un lato non richiede il disinteresse del segnalante, certamente presuppone la «buona fede» della segnalazione.”

T.A.R. Lazio Roma, Sez. I quater, 07/01/2023, n. 236

 

  • “La normativa di tutela del dipendente pubblico che segnala condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, ex art. 54-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, come introdotto dalla l. n. 190 del 2012 (c.d. “whistleblowing”), salvaguarda il lavoratore da reazioni ritorsive dirette ed indirette provocate dalla sua denuncia e dall’applicazione di sanzioni disciplinari ad essa conseguenti, ma non istituisce un’esimente generalizzata per tutte le violazioni disciplinari che il dipendente, da solo o in concorso con altri, abbia commesso, al più potendosi valorizzare – ai fini della scelta della sanzione da irrogare – il suo ravvedimento operoso e l’attività collaborativa svolta nella fase di accertamento dei fatti.”

Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 31/03/2023, n. 9148

13/07/2023

Avv. Giorgio Tessitore

esperto in diritto del lavoro e previdenziale